Novant’anni dopo: la nuova richiesta di giuramento a medici, docenti e studenti | Marco Mamone Capria
Lettera aperta ai colleghi dell’Università di Perugia
Marco Mamone Capria 3 settembre 2021
Lettera aperta ai colleghi dell’Università di Perugia
Cari colleghi,
dal 1o settembre sono entrate in vigore le disposizioni sull’accesso alle strutture universitarie mediante la certificazione verde COVID-19, o Green Pass. Si fondano su due decreti-legge (DL), il DL 105/2021 e il DL 111/2021, che riguarda in particolare l’università.
Un DL, benché abbia validità immediata, non è la stessa cosa di una legge: se entro 60 giorni non viene convertito in legge con votazione parlamentare, decade. Anche se il governo ponesse la fiducia, è improbabile che un decreto-legge controverso come questo sarebbe convertito senza modifiche. E le modifiche dipendono dal dibattito, nel paese e in parlamento, durante il periodo tra promulgazione e conversione. Quindi è molto importante che coloro cui un DL impone qualche comportamento facciano sapere molto chiaramente alle autorità locali e centrali che cosa ne pensino, per tutte le vie opportune – soprattutto, ovviamente, se ne pensano male.
La campagna vaccinale
L’università italiana è venuta meno, per un anno e mezzo, al suo compito, in quanto istituzione della ricerca e della cultura, di promuovere un dibattito pubblico sull’emergenza covid-19.
Essendomi occupato fin dal febbraio 2020 della questione covid-19, mi sono formato un giudizio ragionato e documentato su come i due governi che si sono avvicendati hanno agito al riguardo: ed è un giudizio molto negativo. Chiaramente non è questa la sede per esporre le mie analisi, tanto più che l’ho fatto in molte occasioni pubbliche, e su di esse si sono basate interrogazioni parlamentari e regionali – rimaste ad oggi, anche dopo molti mesi, senza risposta.
Tuttavia vorrei chiedervi di soffermarvi per qualche minuto sui grafici con cui il sito del Sole 24 Ore permette di confrontare che cosa è successo nell’estate del 2020, senza alcun vaccino, e nell’estate 2021 non ancora finita, in cui c’è stata una campagna vaccinale spinta intensivamente e affidata niente meno, come si sa, che a un generale degli Alpini. In un certo senso si può dire che la campagna abbia avuto un grande successo, visto che al 30 agosto si è arrivati a vaccinare con almeno una dose il 79,5% degli italiani di più di 12 anni, con il 70,6% completamente vaccinato: in questo siamo ai primi posti nel mondo (https://lab24.ilsole24ore.com/vaccinazioni-mondo/# ).
Dei grafici su cui vorrei richiamare la vostra attenzione ne riproduco due, invitandovi a visitare il sito per esaminare gli altri (https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/?utm_source=fasciahp#box_20 ). Questo riguarda i “casi”:
E questo riguarda l’occupazione delle terapie intensive:
Penso che definire “un disastro” gli effetti della campagna vaccinale, quanto all’efficacia pratica (cioè nell’attuale, reale contesto epidemiologico, varianti comprese), sarebbe una sintesi corretta. Ci sentiremmo tutti molto più tranquilli se le curve che, per le varie categorie, rappresentano l’estate 2020 fossero al di sopra di quelle dell’estate 2021. Invece sono al di sotto – e a volte in maniera molto netta.Tali grafici permettono di confrontare vari parametri essenziali – “casi” (positivi al test), tasso di positività, numero di persone in terapia intensiva e decessi – a distanza di un anno. La linea più scura corrisponde – sono sicuro che qualcuno se ne stupirà – al 2021. Se scorrete con il mouse su ognuno dei grafici nel sito originale potete avere il dettaglio dei numeri corrispondenti.
Ma l’efficacia pratica della vaccinazione di massa nella prevenzione del covid-19 non è il solo aspetto da tenere in considerazione.
Dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_7.pdf ) risulta che, dall’inizio della campagna vaccinale al 26 luglio (cioè in 7 mesi) ci sono state 84.322 segnalazioni di «sospette reazioni avverse»: cioè 128 ogni 100.000 dosi somministrate; di cui 16 «gravi», con 0,75 decessi. Dunque si possono stimare, per 100.000 persone completamente vaccinate, in circa 250 le sospette reazioni avverse, di cui circa 30 gravi, e 1,5 concluse con un decesso.
Sono poche? Non lo sarebbero nemmeno se fossero tutte. Ma non sono tutte. Al proposito bisogna ricordare, o informare coloro che non lo sappiano, che in un sistema di sorveglianza passiva come quello (irresponsabilmente, a parere mio e di molti altri) istituito dal Ministero della salute (in cui cioè chi vuole può segnalare un evento avverso, ma non esiste un programma di ricerca attiva delle reazioni avverse), le sospette reazioni avverse segnalate sono stimate tra 1/100 e 1/20 di quelle reali (https://digital.ahrq.gov/sites/default/files/docs/publication/r18hs017045-lazarus-final-report-2011.pdf, https://globalpharmacovigilance.tghn.org/articles/spontaneous-reporting/ ).
Insomma, chi crede ancora alla leggenda che il rischio di reazioni avverse da vaccino sarebbe “infinitesimale” (come pure si è potuto leggere in questi giorni) non è adeguatamente informato, nemmeno sui ben noti limiti dei dati ufficiali ricavati con sistemi di indagine fatti apposta per sottovalutare i danni (compreso il cosiddetto “algoritmo OMS”, http://www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem/nuocontri_3/covid-vac-suc.pdf ).
I ventenni
Ma – si dirà – ci vacciniamo perché, come ha detto pressappoco il presidente del consiglio Mario Draghi, chi non si vaccina muore (
).
Ci sarebbe l’imbarazzo della scelta su dove cominciare per dimostrare lo scollamento dalla realtà di questa dichiarazione terroristica. Ma per semplicità e maggiore rilevanza concentriamoci sulla classe d’età dei nostri studenti. In Italia i deceduti “covid-19” tra i 20 e i 29 anni compiuti, dall’inizio dell’epidemia al 21 luglio 2021 (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_21_luglio_2021.pdf ), sono stati lo 0,054% del totale, benché questa classe d’età comprenda il 10,6% della popolazione nazionale.
Per un confronto, nel 2019 i giovani nella stessa fascia d’età morti per incidenti automobilistici (entro 30 giorni dall’incidente) sono stati il 14,7% del totale (https://www.istat.it/it/files//2020/07/Incidenti-stradali-in-Italia-Anno-2019-aggiornamento27ottobre2020.pdf ). In numeri assoluti: tra i ventenni ci sono stati 69 morti in un anno e mezzo di covid-19, e 466 per incidenti stradali nel solo 2019 (oltre a 48.888 feriti). È del tutto verosimile che alloggiare più studenti nelle strutture ricettive universitarie, diminuendo l’uso dell’automobile da parte dei fuori sede, proteggerebbe i nostri studenti molto più che indurli a vaccinarsi contro il covid-19.
Se poi consideriamo le reazioni avverse al vaccino con il loro enorme tasso di sottosegnalazione, è chiaro che spingendo i nostri studenti a vaccinarsi e ostacolando in caso contrario l’accesso alle lezioni “in presenza” e agli spazi dipartimentali, li spingiamo a fare ciò che è svantaggioso per loro. È questo che ci si aspetta da docenti universitari?
Green Pass
Più in generale, il Green Pass è uno strumento inadeguato per impedire il contagio.
I tamponi, nella misura in cui i loro risultati sono istruttivi (e ci sono forti dubbi, anche formulati dall’OMS, al riguardo), dovrebbero essere non solo il meno possibile invasivi (cioè salivari), ma anche estesi a tutti a campione, inclusi i vaccinati, e gratuiti (come appunto i vaccini).
Ecco quanto sostenuto (tra gli altri) da Mariano Bizzarri della Sapienza di Roma: «il green pass non ha alcun fondamento scientifico e serve solo a discriminare chi non si vaccina» (http://www.strettoweb.com/2021/08/covid-bizzarri-sullinutilita-del-green-pass/1224713/). Lo stesso Andrea Crisanti, fautore della linea del governo, ha dichiarato:
«“Bisogna essere chiari e onesti con i cittadini, per evitare fraintendimenti. Perché sicuramente i casi non diminuiranno dopo l’implementazione” di questo strumento “e chi è contrario potrà dire che non serviva a nulla. L’utilità è convincere le persone a vaccinarsi”»
(https://www.adnkronos.com/green-pass-italia-crisanti-non-riduce-casi-ma-spinge-a-vaccinarsi_5miSWDK9DTdL4TwiTMGhy9 ).
Chi avesse ancora qualche dubbio consideri il recente episodio riguardante i circa 50.000 partecipanti al Boardmasters Festival nel Regno Unito (https://www.lindipendente.online/2021/08/25/regno-unito-4-700-contagi-al-concerto-riservato-ai-possessori-del-green-pass/):
«Per potere accedere al Boardmasters Festival i presenti hanno dunque dovuto dare prova di essere stati vaccinati due volte, e non solo: per i partecipanti, prima di entrare, è stato necessario dimostrare che la seconda dose fosse stata loro somministrata almeno due settimane prima dell’11 agosto, data in cui l’evento ha avuto inizio. Oltre all’NHS Covid Pass, sono state adottate ulteriori misure, quali il tampone negativo effettuato entro 24 ore dall’arrivo al festival o, altrimenti, la possibilità di dimostrare l’immunità naturale con il test molecolare (PCR), di almeno 10 giorni prima dell’evento. Anche durante i giorni in cui si è svolto il festival, è stato previsto un secondo test – precisamente due giorni dopo l’inizio dell’evento, il 13 agosto – effettuato da chi soggiornava nel campeggio del Boardmasters Festival. Infine, maschere facciali non obbligatorie ma “Incoraggiati e accolti coloro che preferiscono indossarle” […].»
Il risultato è che ci sono stati 4700 partecipanti positivi dopo l’evento. Non credo che servano particolari commenti.
Uno strumento privo di basi scientifiche non può essere obbligato da una legge.
Penso che gli scienziati, e soprattutto quelli retribuiti con il denaro dei contribuenti, siano tenuti a dire e sostenere la verità anche quando non è per loro la scelta più comoda.
Che cosa fare
I docenti universitari e la didattica tradizionale sono oggi strumentalizzati dal governo per indurre i giovani a fare qualcosa che per essi può essere causa di danno sanitario superiore a quello che la “vaccinazione”, vale a dire il trattamento con un siero genico sperimentale e autorizzato in via emergenziale, pretenderebbe di prevenire. In altre parole, noi docenti universitari siamo usati come specchietti per le allodole allo scopo di condizionare i nostri studenti a “vaccinarsi”, quando invece è loro diritto (riconosciuto a livello di leggi nazionali, europee e internazionali) deciderlo sulla base di un «consenso libero e informato».
Credo che ogni docente debba decidere come agire sulla base della propria coscienza etica e storica, ricordando a eterno monito il triste esempio di “ubbidienza” dato dai nostri predecessori negli anni ’30 del secolo scorso (http://www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem/nuocontri_3/covid-gp.pdf ).
Personalmente considero un disonore per la professione essere complice nell’indurre gli studenti a diventare cavie di un esperimento non controllato che potrebbe avere conseguenze gravissime su di essi e sulla collettività a medio-lungo termine, oltre a quelle a breve termine che ormai riempiono le cronache locali, ma che non vedremo mai riportate in un telegiornale nazionale (cfr. https://esclusacorrelazione.it/ ).
Siamo ancora in uno stato d’emergenza fino al 31 dicembre? Se sì, allora si deve assicurare che fino al 31 dicembre tutte le lezioni e gli esami siano tenuti a distanza, come anche tutte le riunioni degli organi collegiali. L’abbiamo già fatto, non c’è ragione di non prorogare questo sistema fino alla fine ufficiale dello stato di emergenza. Questa è la sola maniera di non discriminare studenti e docenti, come ci ingiunge il Regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021 . Inoltre bisognerebbe distinguere caso per caso per quanto riguarda il personale tecnico-amministrativo, accettando, nei casi di inevitabile esposizione lavorativa al pubblico, la certificazione di non infettività tramite tamponi salivari che l’Ateneo dovrebbe offrire gratuitamente.
Inutile dire che rispetto ogni scelta personale in relazione alla vaccinazione o non vaccinazione, soprattutto se effettuata in libertà e con adeguata informazione di merito. Ciò che contesto, e che tutti i colleghi, indipendentemente dalla loro scelta vaccinale, dovrebbero contestare, è la strumentalizzazione dell’università per la promozione di una campagna vaccinale sperimentale – che, per giunta e come abbiamo visto, ha finora ben poco di positivo da mostrare a suo favore (nonostante le quotidiane arrampicate sugli specchi di esperti “ufficiali”), il che vale soprattutto per quanto riguarda la parte più numerosa della comunità universitaria, cioè gli studenti.
Un ultimo punto: sul quotidiano la Nazione di ieri 2 settembre è apparso un articolo dove si legge:
«A quanto pare lo stesso Magnifico ieri si è recato personalmente a parlare con alcuni dei “resistenti”, per comprenderne le ragioni, senza voler convincere nessuno, per ricordare che l’Ateneo non può far altro che applicare la legge».
Non so se questa notizia sia vera. Il prof. Oliviero, cui peraltro bisogna dare atto di aver evitato il fanatismo “più realista del re” di alcuni sui colleghi (come quello dell’università di Trieste, che si è coperto di ridicolo prescrivendo il Green Pass anche per gli esami a distanza, https://www.affaritaliani.it/static/upl2021-1/prot/protocollo_condiviso_dal_1-9-21_a_31-12-21_mod_evidenziate.pdf), è un giurista. Immagino quindi che condivida quanto espresso in questo commento all’articolo 54 della Costituzione (http://www.cogitoergo.it/il-diritto-di-resistenza-nella-costituzione-italiana/):
«In verità, l’art. 54 della Costituzione sancisce:
“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini, cui sono affidate le funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento”.
Non si deve però confondere il dovere di fedeltà con quello di obbedienza.
Sono infatti due concetti diversi: la fedeltà alla Repubblica precede, logicamente e concettualmente, l’osservanza delle leggi dello Stato. Pertanto, il dovere di fedeltà alla Repubblica, e quindi alla Costituzione ed in particolare ai principi fondamentali in essa stabiliti, prevale sul dovere di obbedienza.»
Dunque se una legge è anticostituzionale (e certamente non è solo mia opinione che i decreti “Green Pass” lo siano, cfr. https://generazionifuture.org/wp-content/uploads/GREEN-PASS-E-COSTITUZIONE_compressed.pdf ) il dovere di ogni cittadino coinvolto, e tanto più forte quanto più importanti sono le sue funzioni pubbliche, è disapplicarla, o più esattamente applicarla solo nei limiti in cui la Costituzione non ne sia violata.
Per quanto mi riguarda comunico che, salvo variazioni nei regolamenti (inclusa la possibile e auspicabile bocciatura del DL nella forma attuale) e fino alla fine dello stato di emergenza, chiedo di tenere il mio corso e ogni altra attività didattica, esami inclusi, solo a distanza. In questo modo non discriminerò tra gli studenti che possono seguire le mie lezioni in presenza ecc. e quelli a cui ciò è impedito dalla legittima scelta di non vaccinarsi e dalle difficoltà e dai costi dell’effettuare, allo stato presente, un tampone ogni due giorni.
Ricordo che anche i vaccinati possono essere contagiati e contagiare:
se quindi del covid-19 c’è da avere paura (e la questione ha un profilo diverso per la maggioranza dei nostri studenti da un lato, e per alcuni di noi dall’altro) niente di meno del costante monitoraggio di tutti (inclusi i vaccinati) tramite tamponi potrebbe darci una qualche approssimativa rassicurazione per la didattica in presenza (ai troppo ottimisti ricordo il Broadmasters Festival). Ma attualmente questo non è previsto. Invito tutti a trarne le conseguenze.
Marco Mamone Capria 3 settembre 2021
Originale in pdf: lettera-aperta_gp_Mamone