Isolamento o non isolamento? Poco cambia
Dottor Fabio Franchi: "Tenere artificialmente in vita la teoria di un “virus che cambia in continuazione”, permetterà di dire, che esso è ridiventato cattivo e pericoloso, con quel che ne consegue".

di dottor Fabio Franchi | 18 Settembre 2020
Se anche avessi torto,… continuerei ad avere ragione!
Mentre fioccano conferme alle tesi che espongo fin dal febbraio 2020 riguardo le insidie dell’uso dei test, maneggiati da testoni in epidemiologia e statistica, mentre vi sono conferme anche all’affermazione che il virus non è stato isolato né purificato propriamente, così come sostenuto da parte di alcuni ricercatori tra cui il professor Stefano Scoglio ed io stesso, mentre ci sono tutte queste conferme, dicevo, continuano parimenti ad arrivare contestazioni.
Che arrivino da parte del mainstream, questo è scontato, tuttavia che arrivino da parte di alleati, come il professor P. Bellavite, il dottor E. Serravalle, la dottoressa L Bolgan, è un peccato. Sono rimasti purtroppo fermi anch’essi su simili posizioni: “il virus c’è”, negarlo secondo loro sarebbe una cretinata colossale. Sto cercando di rispondere nel dettaglio perché è questione fondamentale, come ben si può capire. Ma il mio silenzio di qualche settimana potrebbe essere interpretato come indice di una mia difficoltà. Niente affatto vero. La spiegazione è semplicissima ed ora la do per evitare di rispondere ad ogni singola richiesta privata al riguardo.
Al professor Bellavite ho già risposto in dettaglio, quindi è caso concluso. Per le argomentazioni della dottoressa Bolgan e del dottor Serravalle ci sto lavorando, posso però anticipare che non è molto diverso.
Ma ammettiamo per un attimo che essi siano nel giusto, che il “sequenziamento” riveli effettivamente la presenza del SARS CoV-2, ebbene, avrebbero torto comunque per motivi già abbondantemente esposti. Questi si possono ritrovare nelle decine e decine di miei post e tweet documentati. Infatti ho già spiegato come nessuno abbia dimostrato che questo fantomatico “tampone-virus” sia causa della COVID e come la COVID non si sia diffusa come una malattia infettiva virale. In una frase, la teoria ufficiale infettiva è sbagliata dalla A alla Z. Falsificata! Lo stesso dott Stefano Manera me l’ha confermato apertamente (tanti casi negativi al tampone in riamazione a Bergamo). Perciò non ci sarebbe neanche bisogno di discutere dell’isolamento, io l’ho fatto solo per completezza.
Se poi ci aggiungiamo l’assurdità e la pervasività della definizione, come se n’è accorto persino il noto infettivologista ed epidemiologista Zaia, il quadro è completo. Perciò ho già detto e torno a ripetere che si tratta di una pandemia farlocca costruita a tavolino, che non è neppure causata dal virus che non c’è. Quello che è successo trova altre spiegazioni (che sono già state date)
Insomma, isolamento o non isolamento, non cambia la sostanza, c’è tutto il resto che non sta in piedi. E mantenere in piedi tale costrutto assurdo, porta nocumento alla causa di coloro che vogliono opporsi alla dittatura sanitaria in atto.
Tenere artificialmente in vita la teoria di un “virus che cambia in continuazione” ed è capace di ogni contorsionismo, permetterà di dire, con l’arrivo della stagione fredda, che esso è ridiventato cattivo e pericoloso, con quel che ne consegue. Anche più diffusivo, visto che hanno intenzione di portare il numero di test giornalieri (mai validati) a 300–400.000. Più test, più positivi. Per inciso, il “consensus scientifico” ci dice (non io!) che del test-tampone-RT-PCR non si conosce la sensibilità e specificità sugli asintomatici.
Mentre per il momento, prima delle elezioni, la situazione è falsamente rassicurante — il microrganismo è “un po’ stanco”, magari “moribondo”, comunque “più benigno” — la faranno cambiare a piacimento, prendendoci ancora per il naso, come han fatto fino adesso.


fonte: https://www.facebook.com/fabio.franchi.2.0/posts/197463208509838
Le positività su Papaya, capre, tigri, cani, gatti, su persone sanissime e su guariti come bisogna considerarle? Tutte affidabili?
Al dott Eugenio Serravalle
Dottor Fabio Franchi | 23 Settembre 2020
Il dott Eugenio Serravalle ha diffuso uno scritto che coinvolge me (ed il prof Stefano Scoglio).
Certo, non esplicitamente. Infatti non sono menzionato, ma è una critica alle tesi che sostengo. Val la pena di considerare (vedi nota 1).
Afferma che l’agente eziologico della malattia COVID-19 è il coronavirus, senza riportare alcuna bibliografia a supporto. Un dato che pare assodato, non si sa ancora da chi, e da non mettere in dubbio. La voce bibliografica che pone alla fine, pur descrivendo di isolamenti, PCR ed esami anticorpali, non può certo essere considerata uno studio probante. Neanche discuto una enunciazione priva di argomento.
Al punto 3) riporta che il gold standard diagnostico è il test PCR. Questa affermazione può anche essere ritenuta formalmente corretta poiché così viene indicato dall’Istituto Superiore Sanità e dall’OMS. Tali affermazioni tuttavia non sono del tutto condivise nella letteratura scientifica (vedi screenshot), né dallo stesso dott Serravalle (oltre che da me, ovviamente). Nello stesso suo scritto, il dottor Serravalle indica, qualche riga più sotto, che “i valori di sensibilità raggiunti dai vari test RT-PCR per SARS-CoV-2 si attestano tra il 45 ed il 60%”. Cioé quanto andavo io stesso segnalando, e che è stato confermato in pieno (scusate se mi ripeto) anche dal dott Stefano Manera (mi riferisco al gran numero di “falsi negativi”, anche in quelli con la polmonite doppia, nelle rianimazioni).
Un test di riferimento aureo così “impreciso”? E come può essere stabilito che la sua sensibilità sia così bassa? Confrontandolo con cosa, visto che lo stesso esame sarebbe il test di riferimento sicuro? Allora vuol dire che c’è un altro riferimento, ancora più aureo dell’oro? Quale sarebbe di grazia? La clinica? Bisogna saperlo, altrimenti si rischia di confondersi.
E’ importante, visto che lo stesso dott Serravalle precisa che il test da lui definito “gold standard” non è standardizzato (“I limiti diagnostici del tampone dipendono dall’utilizzo di kit differenti la cui accuratezza diagnostica non è omogenea”). E neppure validato, aggiungo io.
Più convincente era stato nel suo libro (vedi nota 2), dove, a pagina 120 scriveva: “Il test è molto affidabile: specifico al 100%, con una sensibilità superiore al 99%.” Peccato che sia sbagliatissimo, come ha precisato lui stesso nel testo riportato più sotto.
Inoltre, sempre nel libro: “nei casi asintomatici è possibile che il risultato sia negativo, anche in presenza del virus, ed è per questa ragione che alcuni sostengono che il test non deve essere effettuato sugli asintomatici”.
Sembra voler dire che se il test effettuato agli asintomatici è negativo, non si può affatto essere tranquilli (tanti falsi negativi, che significa bassa sensibilità, il che stride con quel 99% vantato!). Cita abbondantemente il prof Andrea Crisanti Crisanti, il quale nel paese di Vò aveva trovato che “la maggioranza delle persone infette, tra il 50 ed il 75%, è completamente asintomatica, rappresenta comunque una formidabile fonte di contagio”.
Quindi il dott Serravalle nel libro dà per scontato che tutti i positivi al test fossero VERI POSITIVI. Aggiungo che nel paese di Vò, Crisanti aveva trovato che, nella prima tornata di esami, il 77% dei sintomatici erano negativi al test. Nella seconda lo erano il 90%. Allora? Quale la sensibilità a Vò? Sempre 99%? Oppure 45%? O meno? Naturalmente, per saperlo, bisogna almeno leggere il lavoro.
Il dottor Serravalle (nel libro) ci dà riscontro di un’altra anomalia, cioè che nelle infezioni virali le IgM compaiono per prime di solito, ma per questa COVID comparirebbero dopo (un sovvertimento di alcune regole acquisite della immunologia). La Nuova Immunologia Covidiana.
In sostanza, aggiunge citando una virologa (vedi Nota 3), “guardando le IgG ed IgM al momento non siamo in grado di dire se ci troviamo di fronte a un’infezione più recente o più vecchia”. La stessa prof Maria Capobianchi precisa che avere anticorpi non significa non essere contagiosi. Un bel caos, appunto.
Dopo aver parlato di sensibilità bisogna almeno accennare alla specificità, per le sue enormi implicazioni, ma il dottor Serravalle non la menziona (nello scritto più recente, sotto riportato) quindi si suppone che per lui resti uguale al 100% come affermato nel suo libro. Non esisterebbe allora il problema dei FALSI positivi, ne prendiamo atto.
Sensibilità 45–60% e specificità 100%: credibile? E le positività su Papaya, capre, tigri, cani, gatti, su persone sanissime e su guariti come bisogna considerarle? Tutte affidabili?
Come può ben capire chi ha letto fino a questo punto, il dott Serravalle non è riuscito nell’intento di smentire quel che affermo da molti mesi prima che pubblicasse il suo libro. Avrebbe potuto consultarmi o discuterne, prima. Ne avrebbe avuto un vantaggio.
NOTE
Nota 1
Scritto attribuito al dott Eugenio Serravalle:
“L’agente eziologico della malattia COVID-19 è un coronavirus identificato come SARS-CoV-2, ritrovato in vari distretti delle vie respiratorie superiori e inferiori come faringe, rinofaringe, espettorato e fluido bronchiale. L’RNA virale è stato riscontrato con frequenza variabile anche nelle feci e nel sangue di pazienti COVID-19, al momento è controversa la possibilità di infezione attraverso questi materiali.La diagnosi di laboratorio di SARS-CoV-2 si basa sulla sua identificazione in un campione biologico. Quello di elezione è un campione delle vie respiratorie, sia alte (tampone nasale, tampone oro-faringeo, tampone rino-faringeo) sia basse (aspirato endo-tracheale o lavaggio bronco-alveolare).
Il gold standard diagnostico di Covid-19 è il test PCR (polymerase chain reaction, reazione a catena della polimerasi). Il tampone rinofaringeo è il più raccomandato tra i tamponi eseguibili, avendo una maggior sensibilità nell’isolamento del virus, soprattutto nella prima fase dell’infezione; il tampone orofaringeo, nasale anteriore e nasale del turbinato medio possono essere eseguiti laddove vi siano difficoltà nella procedura del tampone rinofaringeo, rappresentando comunque i tamponi ad oggi prevalentemente eseguiti e riconosciuti nelle linee guida dei CDC di Atlanta e del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità.
Dal materiale biologico raccolto viene effettuata la ricerca dell’RNA virale utilizzando una metodica molecolare rapida molto specifica, chiamata Reverse Real-Time PCR (rRT-PCR) che, mediante il processo di retrotrascrizione, permette la sintesi di una molecola di DNA a doppio filamento a partire da uno stampo di RNA, a cui segue una amplificazione per PCR nella stessa provetta di reazione. Per approfondire:
https://www.who.int/…/novel…/technical-guidance-publicationsAttualmente, i valori di sensibilità raggiunti dai vari test RT-PCR per SARS–CoV2 si attestano tra il 45 e il 60%. I limiti diagnostici del tampone dipendono dall’utilizzo di kit differenti la cui accuratezza diagnostica non è omogenea; dal momento di esecuzione del tampone e dalla metodica di raccolta del campione, che dipende dall’operatore. La positività della RT-PCR indica solo la presenza dell’RNA e non necessariamente del virus vitale Roman Wölfel R et al. (2020) Virological assessment of hospitalized patients with COVID-2019. Nature; 581: 465–69.”
Nota 2.
R Volpi ed E. Serravalle. CORONAVIRUS — Covid-19 — No! Non è andato tutto bene. Il Leone Verde. Giugno 2020.
Nota 3.
https://www.scienzainrete.it/…/cristiana-pulcine…/2020-04-04
fonte: https://www.facebook.com/fabio.franchi.2.0/posts/198634015059424